La maternità è da sempre un evento epocale nella vita di una donna, e di questi tempi, in cui nelle società avanzate occidentali si tende a fare meno figli, lo ancor di più. Il mutamento dei costumi, avvenuto in occidente negli ultimi 50 anni, ha fatto si che la scelta di mettere al mondo un figlio, per molte donne, sia divenuto un atto estremamente ponderato. Questo atteggiamento, tuttavia, non è sempre una scelta ma è spesso imposto da circostanze legate al mondo del lavoro e alla disponibilità economica.
Dando per scontato che queste considerazioni siano state già ampiamente superate e che una ipotetica mamma abbia già messo al mondo un bimbo, ella dovrà fare i conti con una fase cruciale dei primi anni di vita del nascituro: lo svezzamento. La fase dello svezzamento non riguarda solo la specie umana ma è comune a tutti i mammiferi. Questa fase è caratterizzata dell’abbandono dell’alimentazione a base di latte materno per passare progressivamente ad altri tipi di alimenti di origine vegetale e o animale. Per quel che concerne la specie umana, la trattatistica intorno a questa fase è davvero imponente e variegata anche se pressoché tutti gli studiosi concordano sull’importanza di introdurre i nuovi cibi in maniera graduale.
L’organizzazione mondiale della sanità (OMS), a questo riguardo da indicazioni assai precise sostenendo che la fase dello svezzamento deve essere iniziata intorno al sesto mese di età del nascituro e portata avanti contestualmente all’allattamento in modo che la sostituzione del latte materno con altri tipi si alimenti avvenga progressivamente e senza scosse. Relativamente alla scelta dei cibi sostitutivi, invece, la concordanza viene meno poiché vi è anche chi sostiene che non è necessario somministrare al bimbo cibi speciali appositamente studiati e preparati per lo svezzamento. Prescindendo dalle scuole di pensiero in materia, non v’è dubbio sul fatto che, al piccolo, andranno somministrati cibi estremamente delicati, e digeribili.
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